Quando si è piccoli, arriva il giorno in cui, in un misto di emozioni ed insicurezze, si indossano per la prima volta le scarpe chiodate ed è in quel momento che giunge la coscienza di quanto un semplice oggetto, come una scarpa, possa diventare un tramite per la grande prestazione sportiva e per tutta l'emozione che essa può trasportare.
Tutti ricordiamo la prima calzata chiodata sulla pista: sensazione di leggerezza e al contempo invincibilità quando i passi iniziano a farsi veloci, appoggio dopo appoggio.
Come si può descrivere la sensazione, il suono o la semplice estetica funzionale di un paio di scarpe chiodate?
Il riuscire a creare il perfetto connubio tra tecnica, prestazione e bellezza di una calzatura è una vera e propria opera d’arte, icone di un evento, di un periodo storico o di una memorabile impresa.
Eppure, in tutto ciò, spesso tralasciamo un piccolo particolare, piccolo davvero: il chiodo.
Così come per la scarpa, anche la scelta del chiodo è fondamentale per l'atleta. Esiste una ampia scelta di chiodi sul mercato: a spillo, a piramide, ad ''albero di Natale'', tutto il ramo dei chiodi a compressione, a forma di dente di squalo o addirittura gli esotici microtubuli a nido d'ape; non solo forme ma anche materiali, dal carbonio, alla ceramica passando per resine varie.
Se volessimo essere particolarmente scientifici, anche la scelta di un supporto tecnico come il chiodo da gara gode di una piccola parte di letteratura, la cui espressione forse più esaustiva è stata esplicata nel 2014 da Rafael E. Bahamonde, Jefferson Streepey e Alan Earl Mikesky nella loro Energy return of different shapes of track spikes; in questa ricerca vengono testati diversi tipi di chiodi su una superficie da pista MONDO e calcolati i ritorni energetici. Non voglio svelare oltre ma vi invito a leggere con curiosità questo piccolo paper, chiaramente consci che è del 2014.
Mettiamoci però un attimo nei panni di un giovanissimo atleta che deve per la prima volta acquistare dei chiodi; quali saranno i criteri di scelta?
Dove sta la ragione in tutto ciò? Forse nel mezzo, ovvero il cercare di applicare sia un po' di buon senso tecnico sia un po' di amor proprio verso le richieste personali, come nell'Atletica Leggera in generale, che mi piace definire un ''estremo tecnicismo appassionato''.
Per quanto riguarda i chiodi, spesso il buon senso andrebbe applicato nell'approccio alla pista di atletica: è morbida? È rigida? È consumata? È pietrificata? Da che materiale è composta?
Senza scendere troppo nei tecnicismi, una pista accettabile dovrebbe permettere un buon connubio tra attrito e reazione, senza che il chiodo si ''ancori'' o che ''pattini''. Purtroppo, nelle realtà di periferia, spesso si incorre in queste problematiche, figlie dell'usura, dove le piste si mostrano in condizioni disastrate tanto da diventare anche dannose per i fruitori.
E se la pista si adattasse agli atleti? Sarebbe tutta un'altra atletica, dai livelli più basilari fino all'élite.
Durante la stagione 2021 ho avuto modo di parlare con alcuni azzurri dell'atletica, persone con le quali ho avuto il piacere di condividere amicizia e ''carriera'', chiedendo lumi riguardo agli impianti calcati, denotando una certa lode nei confronti del Silesia Stadium di Chorzow e lo stadio Olimpico di Tokyo...proprio Tokyo.
Quella a cui abbiamo assistito ai Giochi Olimpici di Tokyo è stata una vera e propria rivoluzione, come forse non accadeva da Città del Messico '68, anno in cui, oltre alla posizione geografica in altura, furono introdotte le piste in sintetico, alle quali si dovettero adattare scarpe e tecnologie.
Molti degli addetti ai lavori hanno strabuzzato gli occhi a vedere gli enormi miglioramenti degli atleti e la finale dei 400 ostacoli maschile è stata emblematica: Karsten Warholm non solo ha distrutto il primato del Mondo ma con 45''94 è diventato il primo uomo a correre sotto i 46 secondi; argento allo statunitense Benjamin con 46''12, terzo il brasiliano Allison Dos Santos con 46''71 e via dicendo con particolare menzione al 47''12 del quinto classificato Samba, col cui crono si sarebbero vinte tutte le edizioni dei Giochi tranne Barcellona '92.
I più, soprattutto i media, si sono scagliati primariamente sulle scarpe, chiaramente influenti come si è ben potuto vedere in particolare nel mezzofondo, ma c'è un aspetto basilare da considerare: i nuovi modelli di scarpe si sono visti in pista per TUTTA la stagione e non hanno prodotto i risultati eclatanti ed epocali visti allo stadio olimpico della capitale nipponica. Quindi?
Rivolgiamo lo sguardo alla pista. Esatto, la pista, la Mondotrack WS-TY, rivelatasi stratosferica, in generale, perché i risultati di tutti gli atleti in gara (corridori in particolare) sono stati sopra la media, non solo delle punte. Non nascondo che provo un pizzico di invidia da ex-atleta.
Questo è stato forse il perfetto esempio di coesistenza tra diverse tecnologie: pista, scarpe e chiodi, il tutto al servizio degli atleti.
In questo caso specifico, è doveroso spendere due parole sulle conclusioni dello studio Energy return of different shapes of track spikes sopra citato, dato che parliamo di una pista MONDO. Rafael E. Bahamonde e collaboratori infatti, conclusero che, per questo tipo di piste prefabbricate in gomma vulcanizzata MONDO, il chiodo ottimale da utilizzare è quello con la superficie di contatto più ampia senza particolare penetrazione (come, per esempio, i chiodi ad albero di Natale), in modo che la dissipazione di energia al terreno sia minore, mentre quella restituita, ovviamente, maggiore.
Chiaramente questo non significa che una persona debba scegliere quel tipo di chiodo se lo trova scomodo è solo un dato di fatto che può aiutare o meno a sciogliere un dubbio.
Quindi, come concludere questa breve trattazione, sentendomi combattuto tra una forma più accademica ed una più sportiva. Ad un giovane che dovesse chiedermi consiglio sui chiodi da scegliere direi di provarli tutti e quindi prendere quelli con cui percepisce di stare veramente bene e con cui si sente fortissimo, adattando, nel tempo, la propria scelta alle ambizioni ed al livello raggiunto, senza mai perdere di vista l'obiettivo primario, ovvero quello di migliorarsi, sempre.
Alessandro Bacci (17/9/1992), ex quattrocentista da 48''55, è allenatore nel campo velocità e ostacoli presso l'Atletica Livorno 1950 e chinesiologo con laurea magistrale in Scienze Motorie.
Dal 2017 si interessa in modo particolare alle scarpe chiodate, presentando inoltre una tesi di laurea sperimentale con protagonista una scarpa chiodata 3D creata artigianalmente ed i rapporti tra materiale e prestazione.
Lavora e vive a Livorno e continua le sue ricerche, mostrando le novità riguardo al mondo delle scarpe chiodate sul suo blog TrackSpikes – Dai Sogni Alla Pista.